Maria Sofia di Wittelsbach
di Sergio della Valle
RC Napoli Flegreo, Bollettino n. 9, anno 3°, giugno 2003
Maria Sofia di Wittelsbach, sorella di Sissi, imperatrice d’Austria, sbarcò a Bari dalla fregata il Fulminante il 3 febbraio 1859 appena diciassettenne, per incontrare per la prima volta suo marito Francesco, figlio di Ferdinando II ed erede del Regno, che aveva sposato per procura a Monaco. Ebbe così inizio la breve avventura napoletana di questa bella, intelligente, colta duchessa bavarese, che, dopo soli tre mesi dal suo arrivo nel Regno di Napoli, doveva divenirne l’ultima regina: Ferdinando, infatti, ebbe appena il tempo di conoscere la nuora, con la quale peraltro simpatizzò subito, prima di rendere l’anima a Dio il 22 maggio, dopo lunga e dolorosa malattia, mal curata, contratta proprio durante il viaggio con la corte a Bari per accoglierla. Il vecchio re lasciò quindi troppo presto a Francesco e Maria Sofia la guida di un regno sul quale già si addensavano pesanti minacce esterne e interne, che i due giovani, per età, inesperienza, inadatta preparazione, errate o proditorie valutazioni dei loro consiglieri, non furono in grado di fronteggiare.
Le vicende dei due anni successivi, con i trattati internazionali disattesi, i tradimenti, le battaglie, e la definitiva conquista del Regno, sono storia nota; storia peraltro scritta, come sempre accade, dai vincitori e dai loro epigoni, che non mancarono, per giustificarne l’operato, di ricorrere anche alla menzogna ed alla calunnia dei reali spodestati.
Ciò malgrado, in quei due anni la giovane regina seppe interpretare correttamente il suo ruolo, e fu sinceramente amata dai popoli delle Due Sicilie, che, fin dalla prima uscita ufficiale alla fine del periodo di lutto, ne apprezzò subito la simpatia, la disponibilità, la generosità, non disgiunte dalla bellezza, l’eleganza, il carattere allegro, perfettamente congeniali allo spirito dei meridionali. Le stesse doti la fecero amare profondamente da Francesco: pur dopo un breve periodo iniziale di conoscenza reciproca, reso difficile dal carattere introverso, timido ed un po’ bigotto del re, la loro unione fu comunque felice, e si consolidò fortemente nel corso degli anni successivi.
Maria Sofia, nei due soli anni di regno, condivise con il re i progetti, la cura degli affari di stato, le disillusioni, la guerra e gli avvenimenti nefasti per la monarchia, sempre al suo fianco con il suo affetto ed i suoi consigli. Fu però a Gaeta, ultimo baluardo del Regno alla conquista piemontese, che la regina si rivelò davvero degna del suo popolo: durante i tre mesi di assedio, il coraggio, la determinazione, l’umanità, lo spirito di sacrificio della regina, furono testimoniati non solo dai cronisti napoletani, ma anche da quelli piemontesi, che, con i soldati assedianti, la videro costantemente sulle mura della fortezza, incurante del pericolo, a incoraggiare i suoi soldati, a curare i feriti, a portare ai combattenti quei pochi generi di conforto che riusciva a trovare.
Dopo la resa della fortezza, il 13 febbraio 1861 la coppia reale fu condotta dalla corvetta francese la Mouette in esilio a Roma, ove fu accolta con gran favore da Pio IX e dalla nobiltà romana, nonché dai numerosissimi napolitani che, dopo la conquista, avevano trovato rifugio nello Stato Pontificio. A Roma Francesco e Maria Sofia trascorsero i dieci anni successivi, pieni di luci ed ombre: da un lato, l’affetto da cui furono circondati dai romani e dagli innumerevoli napolitani di tutti i ceti sociali che, di passaggio a Roma, riferivano ai reali sulle condizioni del loro popolo, dall’altro la sanguinosa repressione della resistenza filoborbonica con il progressivo affievolirsi delle speranze di riconquista del regno, e le continue persecuzioni e calunnie cui erano soggetti da parte del comitato filopiemontese di Roma, largamente finanziato dal governo di Torino, che tentava in tutti i modi di screditare i reali di Napoli nel tentativo di costruire una base di legalità e consenso all’operato dei Savoia. Si giunse addirittura, da parte del comitato, a far circolare un vergognoso falso fotografico (il primo fotomontaggio della storia!), gli autori del quale furono peraltro individuati, arrestati, e condannati dalla magistratura, ed a tentare il rapimento del re, sventato solo per la imprevista presenza sul luogo di due ufficiali francesi.
Solo per tre mesi, nel 1869, Francesco e Maria Sofia furono allietati dalla nascita della piccola Maria Cristina, che ebbe purtroppo brevissima vita. Lasciata Roma nel 1870, prima di Porta Pia, dopo aver viaggiato in Germania, Austria Ungheria, Baviera, Turchia, Francesco e Maria Sofia si stabilirono definitivamente a Parigi, dove condussero, nel villino di Saint Maudé, una vita finalmente più serena, ma molto ritirata. Nel 1886, con il suicidio del cognato conte di Trani, iniziò poi per la regina una lunga serie di lutti familiari: la scomparsa successiva di entrambi i genitori, la tragica morte del nipote Rodolfo a Meyerling, la morte dello stesso Francesco, avvenuta il 27 dicembre 1894 ad Arco del Trentino, ed infine le tragiche morti delle sorelle Sofia, perita in un incendio nel 1897, e Sissi, assassinata nel 1898.
Ormai vedova, segnata dall’esilio e dalle disgrazie familiari, ma ancora bella e, secondo i contemporanei, straordinariamente affascinante, Maria Sofia visse ancora a Parigi, ritornando infine alla natia Baviera solo nel 1914, dopo l’attentato di Serajevo; a Parigi e a Monaco, peraltro, continuò sempre a mantenere frequenti rapporti epistolari con quello che per troppo poco tempo era stato il suo popolo. La morte colse l’ultima regina di Napoli, ottantatreenne, il 18 gennaio 1925. Dopo varie peregrinazioni (ad Arco, in Baviera, nella chiesa di S. Spirito dei Napoletani a Roma) solo dal 1984 i resti di Francesco e Maria Sofia riposano finalmente nella loro patria, in Santa Chiara, insieme alla loro piccola Maria Cristina, e a due ampolle contenenti un po’ di terra e di mare della Napoli tanto amata e mai più rivista.